LA
NOSTRA REPUBBLICA PARLAMENTARE, IL LAVORO DELLE CAMERE.
Il
lavoro parte fattivamente dalla conoscenza della nostra Carta
Costituzionale
sulla quale è regolata la nostra vita di persone, uomini e donne,
e di cittadini italiani. La Carta che i PADRI FONDATORI e MADRI
FONDATRICI prepararono dopo la lotta di liberazione, alla fine della
Seconda Guerra Mondiale , e promulgarono il 1° Gennaio 1948,
fu una sintesi felice di diverse posizioni, basate sul principio di
sussidiarietà e di democrazia, pluralista e con un impianto
regionalista, ma non federalista , che affermava fermamente l’unità
del paese.
In
classe si esamina la prima parte della Carta, che contempla i
principi fondamentali che sono in numero di dodici, tutti
importantissimi e chiarissimi.
In
essi si mette in evidenza il ruolo della persona, i suoi diritti e i
suoi doveri, nonché il rispetto delle regole e quindi l’importanza
dell’educazione alla legalità.
Il
nostro lavoro si sviluppa laboratorialmente in quanto alle lezioni
in classe si integrano ricerche individuali.
Questa
prima parte, necessaria, si snoda attraverso un viaggio addentro alla
Costituzione e ai concetti fondamentali di Cittadinanza e Legalità.
Le basi sono quelle dello studio del Diritto, anche in quei
curricoli, come quello del liceo classico e scientifico, che non ne
prevedono la presenza disciplinare nel piano degli studi
quinquiennali. Ecco come è stato enucleato e si sviluppa il tema.
1.
Nella
scoperta della nostra Carta ci siamo soffermati sulle altre parti e
in special modo sull’Ordinamento della Repubblica e il ruolo del
Parlamento, del Presidente della Repubblica, del Governo, della
Magistratura e degli Enti locali , analizzando particolarmente
quanto è di competenza del Parlamento attraverso il sito specifico.
Abbiamo scoperto che “La Costituzione italiana stabilisce che la
sovranità appartiene al popolo, cioè a tutti i cittadini, che la
esercitano nelle forme e nei limiti che la Costituzione stessa
indica. Una delle più importanti forme di espressione della
sovranità popolare è l'elezione del Parlamento Esso è composto
dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica , che hanno
eguali compiti e poteri , per questo si parla di “bicameralismo
perfetto”
2.
Il
Parlamento è un'Istituzione centrale nel nostro sistema
costituzionale, esso infatti approva le leggi, indirizza e controlla
l'attività del Governo, svolge attività di inchiesta su materie di
pubblico interesse, concede e revoca la fiducia al Governo; inoltre
in seduta comune, integrato dai delegati regionali, elegge il
Presidente della Repubblica e, in seduta comune, elegge una parte dei
giudici della Corte costituzionale e dei componenti del Consiglio
superiore della magistratura”.
“La
Camera esamina e approva le leggi, sia di iniziativa del Governo, sia
di iniziativa parlamentare (singoli deputati e senatori - ciascuno
nella Camera a cui appartiene), sia di iniziativa popolare (50.000
elettori), sia ancora d'iniziativa del Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro o dei Consigli regionali. Durante il
procedimento legislativo, ogni testo è esaminato da una delle 14
Commissioni permanenti o da una Commissione speciale, prima di essere
discusso dall’ Assemblea. La Camera delibera anche su ogni
revisione della Costituzione”.
All’interno
di un’assemblea d’istituto abbiamo deciso di invitare alcuni
parlamentari della nostra regione, Deputati e Senatori, con i quali
vorremo approfondire ulteriormente le conoscenze sul lavoro dei
parlamentari ma ai quali porremo anche tante domande perché i
giovani sono lontani mille miglia dal loro mondo. Chiederemo loro
come stanno operando per dare a noi giovani italiani ed europei una
positiva prospettiva di futuro.
Parlamento
Il
Parlamento della Repubblica Italiana è l'Organo previsto dalla
Costituzione titolare della funzione legislativa, cioè del potere di
approvare le leggi. Ha una struttura bicamerale perfetta, in quanto è
composto da due Camere che hanno le stesse funzioni: il Senato della
Repubblica e la Camera dei deputati.
Camera
dei deputati
La
Camera dei Deputati insieme al Senato della Repubblica formano il
Parlamento italiano. La Camera è composta da 630 membri, dodici dei
quali eletti nella circoscrizione estero: tali membri vengono detti
deputati. La sede della Camera dei Deputati è Palazzo Montecitorio.
Senato
della Repubblica
Il
Senato della Repubblica è una delle due assemblee che, insieme alla
Camera dei deputati, costituiscono il Parlamento italiano. Il Senato
è composto da 315 membri eletti tra i cittadini italiani che abbiano
compiuto i 40 anni d'età, e da alcuni senatori a vita e senatori di
diritto e a vita. Il Senato della Repubblica è eletto su base
regionale e i senatori sono eletti a suffragio universale e diretto
dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. La
sede del Senato della Repubblica è Palazzo Madama a Roma.
3.
Il percorso di una legge
La
Costituzione stabilisce che la funzione legislativa è esercitata
collettivamente dalle due Camere (art. 70). Ciò significa che per
divenire legge un progetto deve essere approvato nell'identico testo
da Camera e Senato. Il procedimento di formazione della legge (il
così detto iter) si articola perciò in fasi successive:
- la presentazione del progetto di legge (iniziativa legislativa)
- l'approvazione della Camera a cui è stato presentato per prima
- la trasmissione del testo all'altra Camera e la sua approvazione nella medesima formulazione o con modifiche: se viene modificato, il progetto passa da una Camera all'altra, finché non venga approvato da entrambe nell'identica formulazione (è la così detta navette)
- la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica (che può rinviare la legge alle Camere per un riesame), la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e la sua entrata in vigore.
Alla
Camera i principali passaggi, nella procedura ordinaria, sono i
seguenti:
- un progetto di legge, composto da uno o più articoli e preceduto da una relazione illustrativa, può essere presentato dal Governo, da ciascun deputato, da almeno 50.000 elettori (si tratta delle leggi d’iniziativa popolare), dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro o dai Consigli regionali. Alla Camera, i testi presentati dal Governo vengono definiti disegni di legge, mentre tutti gli altri vengono denominati proposte di legge;
- Il progetto di legge viene dapprima assegnato alla Commissione parlamentare competente per materia, che svolge un'istruttoria, prepara un testo da sottoporre all’Assemblea e presenta una relazione (per questo si dice che la Commissione opera in sede referente). Nella sua attività istruttoria, la Commissione può stabilire di trattare insieme due o più progetti (che sono detti abbinati) per presentare un'unica relazione e un solo testo l'Assemblea. A tal fine può scegliere uno dei progetti come testo base della discussione o può procedere - eventualmente incaricando un Comitato ristretto - alla stesura di un testo unificato dei diversi progetti. Durante l'esame, la Commissione acquisisce i pareri di altre Commissioni, che si riuniscono in sede consultiva per formulare osservazioni e avanzare suggerimenti sulle parti del progetto di loro competenza. Nella Commissione competente in sede referente possono essere presentate proposte di modifica (gli emendamenti) su cui la Commissione delibera. Sono acquisiti, anche attraverso audizioni di non parlamentari, le opinioni e i dati ritenuti necessari e il Governo partecipa all'istruttoria e alla elaborazione del testo. Al termine del proprio lavoro, la Commissione incarica un relatore di preparare la relazione per l'Assemblea, che riporta il testo predisposto dalla Commissione; possono essere presentate relazioni di minoranza da parte di deputati che non condividono il risultato del lavoro della Commissione. In vista della discussione in Aula viene nominato un Comitato dei nove che comprende i relatori e i rappresentanti dei gruppi della Commissione che ha svolto l'esame in sede referente.
- La discussione in Assemblea inizia con la illustrazione del testo da parte del relatore e con l'intervento del rappresentante del Governo; seguono quelli dei deputati che intervengono sulle linee generali del provvedimento, esprimendo la posizione dei gruppi. Vengono poi esaminati i singoli articoli del progetto, votando gli emendamenti presentati al testo predisposto dalla Commissione. Nella fase finale, dopo l'esame di eventuali ordini del giorno (che sono documenti di indirizzo al Governo sul modo in cui dovrà essere applicata la futura legge) e, dopo le dichiarazioni di voto finale, si procede alla votazione del progetto nel suo complesso.
Oltre
al procedimento ordinario (che per alcune tipologie di iniziative
legislative, indicate dalla Costituzione e dal Regolamento della
Camera, va necessariamente seguito) sono previsti due procedimenti
abbreviati:
- L’esame e l’approvazione del progetto di legge in Commissione in sede legislativa. Con tale procedura viene attribuito a una Commissione l’esame e l’approvazione definitiva di un progetto di legge (il progetto è però rimesso all’Assemblea se il Governo o un decimo dei deputati o un quinto della Commissione lo richiedono);
- L’esame da parte della Commissione in sede redigente. In tal caso la Commissione, a ciò appositamente incaricata dall'Assemblea, prepara un testo del progetto di legge per l'Assemblea, la quale però si riserva solo il voto degli articoli e il voto finale, senza poterlo modificare.
Una
volta approvata da entrambi i rami del Parlamento nello stesso
identico testo, la legge dev’essere promulgata dal Presidente della
Repubblica (che può però rinviarla, con messaggio motivato, alle
Camere per una nuova deliberazione). Il rinvio presidenziale riapre
il procedimento legislativo e, se la legge viene nuovamente
approvata, essa deve essere promulgata.
Dopo
la promulgazione, la legge viene pubblicata.
La
pubblicazione avviene ad opera del Ministro della giustizia e
consiste tecnicamente nell'inserzione del testo nella Raccolta
ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e nella
pubblicazione dello stesso nella Gazzetta
Ufficiale
della Repubblica italiana.
La
legge entra in vigore - e diviene quindi obbligatoria per tutti - il
quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale,
a meno che la legge stessa non prescriva un termine minore o
maggiore. La data della legge è quella del decreto di promulgazione,
il numero quello della sua inserzione nella Raccolta ufficiale.
Un
progetto presentato al Senato e da questo approvato viene trasmesso
alla Camera ed esaminato secondo la stessa procedura seguita per
quelli che iniziano il proprio cammino alla Camera. Il testo è
perciò stampato come gli altri progetti, assegnato ad una
Commissione e l’iter segue il percorso sopra descritto.
Nel
caso di un progetto già approvato dalla Camera e che torna a
Montecitorio perché il Senato vi ha apportato delle modifiche,
l'esame alla Camera riguarda le sole parti modificate. Nel nostro
sistema di bicameralismo perfetto, la spola di un progetto di legge
fra i due rami del Parlamento (la così detta navette)
continua fino a quando i due rami del Parlamento non concordano
nell'approvare un testo perfettamente identico.
Le
leggi del Parlamento, in particolari circostanze, possono essere
sostituite da "leggi" del Governo. Non si chiamano però
leggi, bensì e ma sostanzialmente hanno la stessa efficacia della
legge.
L’esistenza
di questi atti rompe il monopolio legislativo delle Camere, creando
un concorrente nel Governo. In ogni caso, i procedimenti previsti per
l'uno e per l'altro di questi "atti con forza di legge"
assicurano la supremazia politica del Parlamento sulle scelte del
Governo.
Il
decreto
legislativo è
un atto che il Governo delibera dopo aver ricevuto una delega
da
parte del Parlamento. La legge di delega deve limitare il potere del
Governo in tre punti: nell' oggetto
(il
Governo non può regolare quello che vuole), nel tempo
(non
può farlo quando vuole), nei principi
e criteri direttivi (non
può farlo come vuole) (art. 76 della Costituzione). Il decreto
legislativo si usa per l'approvazione di testi importantissimi, come
i codici, composti da centinaia e talora migliaia di articoli, che le
Camere (anche attraverso le loro commissioni) non riuscirebbero a
esaminare se non in un arco di tempo estremamente ampio.
Il
decreto-legge, invece, è un atto che il Governo approva
direttamente, sotto la propria responsabilità, in casi
straordinari di necessità e urgenza, quando
l'intervento parlamentare risulterebbe tardivo. Si pensi a
provvidenze a favore di popolazioni colpite da cataclismi o a misure
economiche che devono entrare in vigore immediatamente per evitare
speculazioni.
Pag.
5
Il
decreto governativo, però, deve essere convertito
in legge dal
Parlamento con una legge che deve essere approvata entro i 60 giorni
successivi. Se non vi è questa conversione, il decreto si considera
come mai entrato in vigore e i suoi effetti vengono eliminati fin
dall'inizio. L’intervento del Parlamento è qui successivo (a
differenza di quanto accade nel decreto legislativo, ove è
preventivo), ma è ugualmente efficace nel garantire la
subordinazione del Governo agli orientamenti delle Camere.
Negli
anni passati si è assistito a un abuso del decreto-legge.
Esso
è stato impiegato dal Governo anche in casi in cui non c'erano
necessità né urgenza per varare provvedimenti ritenuti
politicamente importanti oppure solo per evitare le lungaggini
parlamentari e le insidie del procedimento legislativo ordinario
(emendamenti, scarsa compattezza della maggioranza, insabbiamenti).
Le Camere hanno protestato e, talora, hanno reagito all'abuso negando
la conversione. Questa distorsione si è
attenuata
negli ultimi anni, grazie anche a una sentenza del 1996 della Corte
costituzionale, che ha interdetto al Governo la riproposizione dei
decreti non convertiti in legge.
L’altro
grande settore di attività delle Camere è il controllo e
l'indirizzo del Governo. Gli strumenti principali sono:
- le interrogazioni, domande dei parlamentari sui comportamenti tenuti dal Governo, alle quali esso deve rispondere;
- le interpellanze, domande sulla posizione che il Governo intende assumere di fronte a certi avvenimenti, le quali hanno quindi un valore politico e possono mettere in questione la linea del Governo;
- le mozioni, documenti che mirano a promuovere la discussione sull' operato del Governo e che si concludono con un voto, di indirizzo per il futuro o di censura del passato (le mozioni più importanti sono quelle di fiducia e sfiducia, di cui si parlerà a proposito della vita del Governo);
- le inchieste, cui si è già accennato riguardo alle commissioni parlamentari.
4.
Come giovani dell’era della globalizzazione abbiamo cercato se
nella Carta vi è stata una previsione al riguardo e la “ abbiamo
scoperta” nell’ART. 11 che recita:
“L'Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri
la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Abbiamo
capito qual è stato l’obiettivo primario dei padri fondatori, dopo
una guerra terribile, ma abbiamo percepito pure la loro lungimiranza
e ci siamo ritrovati fermamente in questo articolo, perché noi
siamo cittadini italiani ed europei che vogliono contare oggi e
domani in Italia , in Europa e nel mondo.
Abbiamo
deciso quindi di partire alla scoperta di quanto questo articolo ci
permette.
5.
Abbiamo trovato anche che l'azione
del Parlamento italiano
in relazione alle attività dell'Unione europea si sviluppa sotto tre
principali profili:
● la partecipazione alla formazione delle politiche europee;
● l’attuazione della normativa dell’Unione europea nell'ordinamento interno;
● la
cooperazione interparlamentare.
I
relativi strumenti e procedure sono disciplinati dai regolamenti
parlamentari e dalla legge
n.
11 del 2005;
la cooperazione interparlamentare è regolata in gran parte dalla
prassi, nonché da linee guida concordate nella Conferenza dei
Presidenti dei parlamenti dell'Unione europea.
Il Trattato di Lisbona, che riforma i vigenti Trattati istitutivi della CE e dell'UE, è stato ratificato dai 27 Stati membri ed è entrato in vigore il 1° dicembre 2009. In Italia la ratifica del Trattato è stata approvata dal Senato all'unanimità (286 voti a favore su 286 presenti) il 23 luglio 2008 e dalla Camera dei deputati, il 31 luglio 2008, sempre all'unanimità (551 voti a favore su 551 presenti).
Il Trattato, prevede nuove forme di partecipazione dei parlamenti nazionali al processo decisionale UE, per le quali dovranno essere definite modalità attuative sia a livello dell'Unione europea, sia all'interno dei singoli parlamenti.
Il Trattato di Lisbona, che riforma i vigenti Trattati istitutivi della CE e dell'UE, è stato ratificato dai 27 Stati membri ed è entrato in vigore il 1° dicembre 2009. In Italia la ratifica del Trattato è stata approvata dal Senato all'unanimità (286 voti a favore su 286 presenti) il 23 luglio 2008 e dalla Camera dei deputati, il 31 luglio 2008, sempre all'unanimità (551 voti a favore su 551 presenti).
Il Trattato, prevede nuove forme di partecipazione dei parlamenti nazionali al processo decisionale UE, per le quali dovranno essere definite modalità attuative sia a livello dell'Unione europea, sia all'interno dei singoli parlamenti.
- Diritti umani e diritto internazionale
Il
diritto internazionale ha per lungo tempo ignorato i rapporti tra lo
Stato e l’individuo (a eccezione delle norme sulla protezione
diplomatica),
sulla base del principio della ‘non ingerenza degli affari
interni’, sicché la tutela dei diritti umani rientrava nella sfera
di competenza interna di ogni singolo Stato. Solo in seguito alle
flagranti violazioni dei diritti umani commesse durante il secondo
conflitto mondiale, la loro tutela è divenuta oggetto di norme
internazionali, sia pattizie che generali.
La
Carta delle Nazioni Unite (1945) già conteneva, nel preambolo,
riferimenti ai diritti fondamentali dell’uomo ed esortava le
nazioni (art. 1) a sviluppare relazioni amichevoli, fondate sul
diritto all’autodeterminazione
dei popoli,
e
a promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle
libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso,
lingua o religione. Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea generale adottò
inoltre, con risoluzione 217 (III), la Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo che, pur non avendo carattere vincolante, pose le
basi per l’affermazione di tali diritti a livello internazionale.
Tra questi, vanno anzitutto ricordati i diritto diritti civili e
politici (cosiddetti di ‘prima generazione’, di matrice
occidentale), che comportano soprattutto obblighi di astensione per
gli Stati: il diritto alla non discriminazione, all’integrità
fisica, alla vita, alla libertà personale, di pensiero, di
religione. Ci sono poi i diritti economici, sociali e culturali
(cosiddetti di ‘seconda generazione’, propugnati in passato dai
paesi socialisti), che comportano obblighi di agire da parte degli
Stati: diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione.
Negli anni 1970, i paesi in via di sviluppo sostennero l’esistenza di diritti collettivi, o della solidarietà (cosiddetti di ‘terza generazione’), tra cui il diritto allo sviluppo, alla pace, a un ambiente salubre. Questi ultimi possono essere considerati diritti solo in senso lato, in quanto è difficile individuare il titolare degli obblighi corrispondenti, configurandosi piuttosto quali interessi collettivi delle comunità. In seguito si è venuta delineando una ‘quarta generazione’ di diritti umani, connessi all’impiego delle nuove tecnologie soprattutto nel campo della genetica e dell’informatica. Tale classificazione ha carattere descrittivo e non indica una gerarchia, in quanto i diritti umani riconosciuti a livello internazionale si caratterizzano per essere indivisibili e interdipendenti.
Negli anni 1970, i paesi in via di sviluppo sostennero l’esistenza di diritti collettivi, o della solidarietà (cosiddetti di ‘terza generazione’), tra cui il diritto allo sviluppo, alla pace, a un ambiente salubre. Questi ultimi possono essere considerati diritti solo in senso lato, in quanto è difficile individuare il titolare degli obblighi corrispondenti, configurandosi piuttosto quali interessi collettivi delle comunità. In seguito si è venuta delineando una ‘quarta generazione’ di diritti umani, connessi all’impiego delle nuove tecnologie soprattutto nel campo della genetica e dell’informatica. Tale classificazione ha carattere descrittivo e non indica una gerarchia, in quanto i diritti umani riconosciuti a livello internazionale si caratterizzano per essere indivisibili e interdipendenti.
Le
convenzioni sui diritti umani.
Vanno
menzionate le numerose convenzioni in materia stipulate grazie
all’azione dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite:
la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di
genocidio (1948); la Convenzione internazionale sull’eliminazione
di ogni forma di discriminazione razziale (1965); il Patto sui
diritti civili e politici (con due Protocolli addizionali) e il Patto
sui diritti economici, sociali e culturali (entrambi del 1966); la
Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di
discriminazione nei confronti della donna (1979, con un Protocollo
facoltativo); la Convenzione contro la tortura e altre pene o
trattamenti crudeli, inumani o degradanti (1984); la Convenzione sui
diritti del minore (1989, con due Protocolli facoltativi). Tra gli
accordi stipulati a livello regionale occorre infine ricordare: la
Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (1950,
integrata da 14 Protocolli), che ha istituto la Corte europea dei
diritti umani, cui possono rivolgersi direttamente gli individui; la
Convenzione americana dei diritti umani (1969); la Carta africana dei
diritti dell’uomo e dei popoli (1981).
2-
IL TEMA DELLE PARI OPPORTUNITÀ
Lettura
dell'Art.3 della Costituzione della Repubblica Italiana
«Tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione,
di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E`
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.»
Spiegazione.
L'articolo
è stato affrontato e spiegato nel suo complesso prima.
L’articolo è sicuramente uno dei principi più significativi della Costituzione Repubblicana: esso è il portato dei valori che discendono dalla rivoluzione francese (Liberté, égalité et fraternité) e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
L’articolo è sicuramente uno dei principi più significativi della Costituzione Repubblicana: esso è il portato dei valori che discendono dalla rivoluzione francese (Liberté, égalité et fraternité) e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
La
proclamazione del principio di uguaglianza segna una rottura decisa
nei confronti del passato, quando la titolarità dei diritti e dei
doveri dipendeva dall’estrazione sociale, dalla religione o dal
sesso di appartenenza. Nell’art. 3, bisogna distinguere il primo
comma che sancisce l’uguaglianza in senso formale, dal secondo che
riconosce l’uguaglianza in senso sostanziale.
Eguaglianza
e non discriminazione. Nel
nostro sistema si ha l'uguaglianza formale in base all'art 3
comma 1
della Cost, secondo il quale non si devono trattare in modo diverso i
soggetti in base alla loro razza,
religione, sesso ecc. Si ha anche
l'uguaglianza sostanziale (art. 3 comma 2 Cost.) per cui lo Stato
deve
eseguire azioni positive in modo da far si che l'uguaglianza sia
messa in pratica. Si deve distinguere tra
diseguaglianza
antigiuridica e le disparità economiche e sociali.
Si
è cercato poi di focalizzare l'attenzione sul tema dell'uguaglianza
di genere e le pari opportunità per le donne. Nuovamente partendo
dalla Costituzione attraverso questo percorso.
- art 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni
cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e
la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al
progresso materiale o spirituale della società.
Tema
del lavoro
- art 29 La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il
matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità
familiare.
Tema
della famiglia
- art 30 E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
La
legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela
giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della
famiglia legittima.
Tema
della famiglia
- art 31 La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Tema
della famiglia
- art 37 La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La
Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e
garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di
retribuzione.
Tema
del lavoro
- art 48 Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il
diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità
civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di
indegnità morale indicati dalla legge.
Tema
del diritto di voto
- art 51 Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
La
legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche
elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla
Repubblica.
Chi
è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del
tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di
lavoro.
Tema
dell'eleggibilità
Immediatamente,
stimolati dall'insegnante, esponiamo una serie di considerazioni
che vanno ad ampliare e restituire la giusta complessità al tema
scelto. Come emerge dall'analisi di questi articoli della
Costituzione i temi dell'uguaglianza di genere viene regolata
soprattutto in ambito lavorativo, familiare e sociale. Qui bisogna
evitare ogni discriminazione.
Cosa
significa discriminazione?
La
violazione del principio di uguaglianza si chiama discriminazione (è
la disuguaglianza antigiuridica. Non è un
trattamento diverso
qualsiasi ma è un trattamento diverso e peggiore basato su un
fattore di discriminazione. La
discriminazione è un concetto di
relazione e si basa su un giudizio comparativo) e si ha la
discriminazione
diretta e indiretta. I fattori di discriminazione
sono vari; il primo in ordine di tempo è quello di genere per cui
si ha una disciplina separata. In Italia è vietato dalla
Costituzione appunto che prevede la parità tra lavoratori e
lavoratrici e dalle direttive comunitarie. Si ha una direttiva
comunitaria per la parità salariale per le lavoratrici e i
lavoratori nel 1975, che dà attuazione all'art 119 del trattato
della comunità europea. Si ha il trattato di
Amsterdam del 1997 che
dice la stessa cosa. Un'altra direttiva è entrata in una legge
interna del 2006 che fa
parte del Codice delle pari opportunità tra
uomo e donna, modificato dalla direttiva del 2006 Refusion e dal Jobs
Act.. Gli altri fattori cominciano con l'entrata in vigore del
trattato di Amsterdam nel 1999, bastato sul trattato
della comunità
europea (nel 2000 si hanno le direttive sulla razza, etnia,
religione, convinzioni personali
, orientamento sessuale, età ed
handicap). Si hanno due definizioni per la discriminazione di genere
(direttiva Refusion):
- diretta: si ha un nucleo centrale forte che è la nozione oggettiva di discriminazione in base agli effetti e non all'intenzione dell'agente. È presunta in via assoluta, non ammette nessuna giustificazione;
- indiretta: la definizione deriva dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Gli elementi essenziali di
- questa definizione sono: situazione di svantaggio, la presenza di una misura neutra e l'effetto di disparità di trattamento di questa misura. Ad esempio si ha la discriminazione indiretta quando in un concorso si ha lo stesso punteggio per uomini e donne in prove di idoneità fisiche.
La
discriminazione diretta si basa sull'uguaglianza formale, quella
indiretta su quella sostanziale. Per gli altri
fattori la distinzione
tra diretta e indiretta è uguale. In questi casi la discriminazione
diretta può essere
giustificata solo da sicurezza pubblica, tutela
dell'ordine pubblico, prevenzione dei reati, tutela della salute dei
diritti e delle libertà (lo dice la Corte di giustizia. Si
indebolisce il carattere assoluto del divieto); quella indiretta
può
essere giustificata da una finalità legittima. Le molestie
(soprattutto quelle sessuali, si ha anche dalla
direttiva comunitaria
refusion del 2006) erano qualificate come lesioni della personalità
morale del lavoratore e
della lavoratrice e quindi si violava
l'obbligo contrattuale del datore di lavoro della sicurezza, art 2087
cc. Alcuni
giudici le hanno considerate come una discriminazione di
genere e quindi come una giusta causa di dimissioni,
2119 cc
(“Recesso
per giusta causa. Ciascuno
dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza
del
termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso,
se il contratto è a tempo indeterminato,
qualora si verifichi una
causa che non consenta la prosecuzione anche provvisoria, del
rapporto. Se il contratto è
a tempo indeterminato, al prestatore di
lavoro che recede, per giusta causa compete l'indennità indicata nel
secondo comma dell'articolo precedente. Non costituisce giusta causa
di risoluzione del contratto il fallimento
dell'imprenditore o la
liquidazione coatta amministrativa dell'azienda”). Oggi
la nozione
comunitaria di
molestie
è: comportamenti indesiderati che violano la dignità delle persone
in relazione ad un aspetto della loro
identità. Il diritto interno
si è adeguato a questa definizione con il codice
delle pari opportunità
del 2006.
Questa discriminazione ha due differenze rispetto alle
altre:
- la definizione: è una nozione sia soggettiva (ci deve essere lo scopo di ledere la dignità) che oggettiva
- (deve essere l'effetto di un comportamento oggettivamente indesiderato). L'elemento soggettivo può anche non esserci e si ha comunque la molestia se è presente quello oggettivo (l'indesideratezza del comportamento);
- le molestie non richiedono comparazioni, a differenza delle altre discriminazioni.
Discriminazione
di genere e tutela antidiscriminatoria.
La
discriminazione per genere ha una disciplina separata (Carta dei
diritti fondamentali art 23 e Cost
italiana art 37); è un fattore
multiplo, trasversale e plus factor.
L'uguaglianza tra di genere ha si è realizzata
completamente negli
anni 60 circa (le donne hanno avuto il diritto di accedere alla
magistratura nel 63). Prima la
questione femminile era vista più
come protezione che come uguaglianza. Si parte dal 1850 con la
nascita delle
fabbriche; prima del fascismo si è tolta
l'autorizzazione maritale e avevano tante possibilità di impiego,
anche
pubblico; nel fascismo si torna indietro (non potevano
insegnare storia, filosofia e economia nelle superiori) ma si
aveva
una protezione per le lavoratrici madri per l'interesse della sanità
della razza. L'art 37 primo comma Cost
dice che: “
La
donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le
stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le
condizioni di
lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione
familiare e assicurare alla
madre e al bambino una speciale adeguata
protezione.”. Si distingue la tutela della madre e la parità
salariale.
Per quanto riguarda la parità salariale si ha una
copertura comunitaria nel trattato istitutivo del 1957 della CEE.
Anche grazie ad una pronuncia della Corte di Cassazione si ha un
mutamento di interpretazione dell'art
37 Cost e si passa da una
parità salariale per parità di rendimento a una parità salariale
per parità di
qualifiche (mansioni del medesimo livello
professionale). Nel
1977 il Parlamento emana la legge di parità:
divieto di
discriminazione diretta o indiretta per questioni di sesso
nell'accesso al lavoro. Ci sono delle eccezioni
individuate dal
diritto comunitario con una
formula
ampia mentre il nostro diritto interno le individua in modo rigido
(derogabile dalla contrattazione collettiva in materia di lavori
pesanti) come ad esempio le eccezioni che
riguardano la moda, l'arte
e lo spettacolo. Altre eccezioni stanno scomparendo come ad esempio
il lavoro
notturno e l'età di pensionamento, la corte di giustizia
della UE condanna l'Italia per discriminazioni
ingiustificate.
Eliminando la discriminazione diretta e indiretta con le misure
repressive non si garantisce una
effettiva parità; lo Stato deve
attuare azioni positive come ad esempio le quote (l'azione più
forte) definite come
“riserva a favore del genere in situazioni di
svantaggio di un trattamento preferenziale nell'accesso al lavoro”.
Si
hanno riferimenti con il secondo comma dell'art 3 Cost, la legge
125 del 1991 e la legge del 2006. sulle quote
intervengono sia la
Corte di Giustizia europea e la Corte Costituzionale (quote rosa, per
la materia elettorale)
perché ci si chiedeva se erano legittime; la
risposta è stata si se sono temporanee e proporzionate (Corte di
Giustizia). La lotta contro le discriminazioni di genere usa:
le
istituzioni: interviene anche il Jobs Act. L'istituzione principale
a livello nazionale è il CNPO
(Comitatonazionale parità e opportunità), che si trova presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; hacompiti propositivi (fa proposte), il suo potere di fare progetti di azioni positive (con i
relativi finanziamenti) è stato dato ad una speciale Commissione. Con il Jobs Act si modifica la rete delle Consigliere o Consiglieri di parità, nominati dal Ministro del lavoro. Sono membri di diritto del CNPO
e hanno oltre a compiti promozionali e propositivi il potere di svolgere inchieste indipendenti. Con il Jobs Act si riduce il loro margine di indipendenza e si peggiora il trattamento economico. I Consiglieri possono promuovere azioni in giudizio;
le azioni in giudizio: legge del 2006 modificata dal Jobs Act. Si ha una parziale inversione dell'onere della prova a carico del ricorrente, se riesce a fornire al giudice elementi, anche presi da dati statistici, di
discriminazione (fumus di discriminazione) la prova che non sussistono sta al convenuto. Si può avere un ricorso individuale o un ricorso collettivo. Quello individuale può essere ordinario o di urgenza sul
modello dell'art 28 Statuto dei lavoratori (“Repressione della condotta antisindacale. Qualora il datore di
lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività
sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali
nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento
denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora
ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto
motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli
effetti. L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore in
funzione di giudice del lavoro definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo. Contro il
decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti,
opposizione davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente
esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile. Il
datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel
giudizio di opposizione è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale. L'autorità giudiziaria ordina la
pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale”) e la
lavoratrice può farsi appoggiare dai sindacati per avere il risarcimento dei danni anche non
patrimoniali. L'azione collettiva può essere proposta dalla Consigliera e tutela interessi a agire diversi; le
due azioni non sono sovrapponibili. In questo caso si può agire anche quando non siano individuabili i singoli lavoratori o lavoratrici lesi in modo immediato e diretto. L'azione in giudizio può essere preceduta dalla richiesta di fare un piano di rimozione delle discriminazioni accertate;
le sanzioni: in base alla Direttiva del 2006 Refusion devono essere proporzionate e adeguate a svolgere una funzione deterrente.
Tema
della CONCILIAZIONE
DEI TEMPI DI VITA E DI LAVORO
Tutela
della maternità
e divieto di discriminazione.
L'attuazione
dell'art 37 della Cost primo comma è avvenuta con una serie di leggi
a partire da quella della 1977
(legge di parità) fino al Jobs Act
(che prevede misure volte a tutelare la maternità e le forme di
conciliazione dei
tempi di vita e di lavoro). Il diritto interno non
collegava la maternità alla discriminazione, le fonti comunitarie
si,
in particolare la Corte di Giustizia (gender plus: fattore di
discriminazione delle donne feconde). Con la Direttiva
Refusion e il
codice delle pari opportunità (2006) anche l'Italia la riconosce
come un fattore di discriminazione di
genere.
La
tutela delle lavoratrici madri.
Il
testo di riferimento è il TU del 2001 modificato dal Jobs Act. Le
misure di tutela sono estese anche alla madre
affidataria o adottiva
e al padre, e sono:
- congedo di maternità (prima chiamata astensione obbligatoria): due mesi prima al parto e tre mesi dopo. Si può optare per una diversa distribuzione. Si ha la sospensione del periodo post partum per il periodo di ricovero del bambino. Si deve comunicare lo stato di gravidanza all'INPS. L'indennità è dell'80% dello stipendio;
- divieto di licenziamento: dall'inizio del periodo della gravidanza fino al periodo post partum del congedo di maternità e fino al compimento di un anno di età del bambino;
- salute e sicurezza: dall'inizio della gravidanza fino a sette mesi dopo il parto non possono fare lavori faticosi, pericolosi e insalubri ma devono essere adibite ad altre mansioni, se la mansione è inferiore si ha il diritto alla retribuzione precedente. Se non si ha una mansione inferiore si sta a casa tutto il tempo;
- divieto di lavoro notturno: dall'inizio della gravidanza fino all'anno di età del bambino. Per le madri o i padri di un bambino di età inferiore ai tre anni non si ha il divieto ma il diritto di non lavorare, se si è un genitore single si ha diritto fino ai 12 anni o se il bambino è disabile.
Maternità
e paternità: la disciplina dei permessi e dei congedi.
Queste
misure sono estese anche al padre (in alternativa alla madre e a
volte in proprio) e sono:
- riposi o permessi giornalieri e congedi per la malattia del figlio: prima era un diritto solo della madre perché era finalizzato all'allattamento; adesso sono finalizzato all'assistenza diretta del bambino e ciò fa si che il diritto si estende alle madri adottive, affidatarie e i padri. Può chiedere il congedo per assistere alla malattia del figlio sia la madre che il padre, alternativamente;
- congedi di paternità obbligatori e facoltativi: il padre ha l'obbligo di congedo per la durata di un giorno (obbligo proprio) e la facoltà del congedo di due giorni durante i primi 5 mesi dal parto, ci vuole il consenso della madre. Ha la retribuzione piena e questi due giorni vengono tolti al congedo obbligatorio della madre. Se la madre muore, o altre cause di impossibilità di adempiere alla cura del bambino, al suo all'obbligo di congedo subentra il padre (congedo di paternità).
Conciliazione
tra vita professionale e vita familiare: il congedo parentale.
È
un diritto proprio di ciascun genitore. È sancito dalla Carta dei
diritti della UE nell'art 33. È il diritto di astenersi
dal lavoro
nei primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivamente
non superiore ai 10 mesi. I 10
mesi diventano 3 anni se il bambino ha
un handicap (legge 104). Interessante ma discutibile il fatto che la
madre
dopo il congedo di maternità per gli 11 mesi successivi e in
alternativa al congedo parentale possa ricevere i
voucher per i
servizi di baby-sitting. Il valore è di 600 euro per 6 mesi. Resta
la possibilità al padre di un
massimo di 5 mesi di congedo senza
indennità. Il congedo parentale dà una retribuzione pari al 30%
della
retribuzione piena.
Trattati
ancora il tema delle molestie
spesso confuse con il mobbing,
le molestie ambientali, la questione
dell'obbligo
di sicurezza,
la violazione della dignità della persone.
Tema
molto attuale e normato recentemente quello delle dimissioni
in bianco. Infatti,
la norma del Jobs act impedisce alle aziende di praticare questa
inaccettabile consuetudine: far firmare, al momento
dell'assunzione,
un foglio in bianco che sarà compilato con la data delle dimissioni
quando il lavoratore
o la lavoratrice non servono più. Un ricatto,
dunque, che pesava sulla testa delle persone fin
dall'assunzione. E
che riguardava soprattutto le giovani donne, cacciate nel momento del
matrimonio
o della prima gravidanza.
Inquadrando
internazionalmente la questione, il
tema della discriminazione di genere deve essere recepito in
un’ottica di tutela della dignità umana. Si parte dalla
discriminazione di genere sul tema del lavoro e si arriva alla tutela
della persona in nome dei principi di libertà uguaglianza e
solidarietà, proclamati dalle dichiarazioni dei diritti del ‘700
(Stati Uniti e Francia) e del ‘900 ( Convenzione di Filadelfia-OIL,
Dichiarazione ONU, Principi Fondamentali Costituzione italiana, CEDU-
Consiglio d’Europa,Carta dei diritti U.E.)
Ulteriore
passo avanti si è fatto con lo Statuto
dei lavoratori del 1970 che
è una specie di Carta dei
diritti fondamentali e indisponibili
garantiti a tutti i lavoratori, un grande traguardo.
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